Processo Civile Telematico: Il domicilio digitale dell'Avvocato
Con l’avvento della digitalizzazione del processo civile si
è assistito – già a partire dal 2005 con l’introduzione del Codice
dell’Amministrazione Digitale – ad un progressivo ricorso allo strumento della
Posta Elettronica Certificata. Strumento che, come già sottolineato in altri
articoli presenti su questo blog, rappresenta un’innovazione tutta italiana,
volta ad adeguare le necessità di certezza di ricezione e di invio delle
comunicazioni giudiziarie alla classica posta elettronica.
Negli ultimi anni, quindi, si assistito alla progressiva
nascita di quello che può essere chiamato “domicilio digitale”.
Tale area “virtuale” di ricezione delle comunicazioni,
rappresenta - per quanto attinente alla nostra professione - una sorta di
surrogato o se vogliamo di "clone digitale" del nostro indirizzo
fisico di studio.
L’art. 125 c.p.c. – come novellato dalla L. 183/2011 e dal
successivo D.L. 138/2011 – prescrive l’obbligo, per ogni Difensore, di
“indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio
ordine”, sancendo quindi la nascita di un vero e proprio domicilio virtuale
presso il quale verranno effettuate le comunicazione al Difensore costituito.
Tale norma, che richiama l’indirizzo PEC comunicato
all’Ordine degli Avvocati di riferimento, si armonizza perfettamente con l’art. 16 del D.M. 44/2011 (provvedimento
cardine del Processo Civile Telematico), il quale prevede l’obbligatorietà, per
le cancellerie, di effettuare le comunicazioni indirizzate allAvvocato
costituito in un determinato procedimento all'indirizzo PEC risultante dal
ReGIndE.
Come sappiamo il ReGIndE viene “alimentato” anche grazie
all’invio periodico, da parte di tutti gli Ordini degli Avvocati, degli
indirizzi di Posta Elettronica Certificata di ciascun iscritto. In tal modo si
cerca di raggiungere una sorta di identità “teorica” fra l’indirizzo PEC che
deve essere comunicato ex art. 125 c.p.c. e quello prescritto per le
comunicazioni ex art. 16 D.M. 44/2011.
Se tutte le comunicazioni di cancelleria debbono quindi
essere indirizzate alla PEC del Difensore costituito, e se quindi tale
indirizzo di Posta Elettronica Certificata (anche in ossequio agli artt. 125 e
366 c.p.c.) rappresenta un vero e proprio domicilio virtuale dell’Avvocato,
come potrà amalgamarsi tale innovazione normativa con il disposto dell’art. 82
R.D. n 37 del 1934 ?
L’articolo testé richiamato, come tutti i Colleghi sanno,
prevede l’obbligatorietà, per tutti gli Avvocati che esercitino il loro Ufficio
al di fuori della circoscrizione del Tribunale alla quale sono assegnati, di
eleggere domicilio nella circoscrizione ove ha sede l’autorità giudiziaria
adita.
In virtù di detta disposizione normativa, quindi, l’Avvocato
telematico, pur in possesso di una PEC funzionante e quindi di un vero e
proprio domicilio virtuale, sarebbe ipoteticamente costretto ad eleggere
domicilio presso un Collega al fine di svolgere il proprio Ufficio al di fuori
della circoscrizione del Tribunale di assegnazione.
A risolvere il contrasto fra le novità normative del 2011 e
l’ancora vigente art. 82 R.D. 37/34 sono state però le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione che, occupandosi di dirimere un contrasto giurisprudenziale
di differente origine, hanno avuto modo di occuparsi anche delle riforme
finalizzate alla digitalizzazione dei procedimento giudiziari.
Con la sentenza 10143/2012 le SS.UU. dell Corte di Cassazione hanno espresso il
seguente principio di diritto: "Il R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - che
prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio
che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati,
devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel
luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in
corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto
presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria - trova applicazione in
ogni caso di esercizio dell'attività forense fuori dalla circoscrizione cui
l'avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del
circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi
alla corte d'appello e l'avvocato risulti essere iscritto ad un ordine
professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade
la sede della corte d'appello, ancorché appartenente allo stesso distretto
della medesima corte d'appello. Tuttavia, dopo l'entrata in vigore delle
modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c., apportate rispettivamente dalla L. 12
novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dallo stesso art.
25, comma 1, lett. a), quest'ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto
2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv. in L. 14 settembre 2011, n.
148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l'obbligo per
il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di posta elettronica
certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza
dell'onere di elezione di domicilio di cui all'art. 82 per gli avvocati che
esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della
circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione
ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è in
corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto
dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica
certificata comunicato al proprio ordine".
Come appare assolutamente lampante, il principio espresso
dalla Suprema Corte a Sezioni Unite rappresenta una vera e proprio rivoluzione
copernicana in materia di domiciliazione.
Cessa ogni obbligo per il Difensore di domiciliarsi presso
un Collega con studio nella circoscrizione del Tribunale adito e, allo stesso
tempo, viene incontrovertibilmente confermata l’effettiva nascita del così
detto “domicilio virtuale” dell’Avvocato, ossia, di un domicilio non più fisico
e ben delimitato a livello spaziale, ma incorporeo e senza una precisa
collocazione geografica.
La Suprema Corte, in fin dei conti, nulla ha fatto se non
attualizzare l’idea economicistica per la quale vide la luce l’attuale
formulazione dell’art. 82 R.D. 37/34, ossia, rendere più agevoli le
comunicazioni verso i Difensori costituiti in giudizio.
Gli Ermellini, in effetti, hanno compreso appieno l’estrema
flessibilità della PEC e l’innegabile semplicità che si lega inscindibilmente
al suo utilizzo.
Utilizzare un account di posta elettronica, in effetti,
rende del tutto nulle le distanze spaziali fra due soggetti, distanze che –
invece – permangono (e sono spesso di ostacolo) nelle comunicazioni analogiche
che viaggino per posta ordinaria.
Sancito, quindi, il venir meno – senza une vera e propria
abrogazione della norma di cui all’art. 82 R.D. 37/34 – dell’obbligatorietà di
domiciliazione per l’Avvocato telematico, sono però già emersi dubbi e
problematiche interpretative.
Recentemente, in particolare, mi sono confrontato con alcuni
Colleghi su uno specifico caso di studio che – probabilmente – alcuni dei
lettori di questo blog avranno già avuto modo di incrociare lungo il loro
cammino professionale:
Qualora un Avvocato con studio – ad esempio – in Roma,
avesse richiesto un decreto ingiuntivo a Milano senza domiciliarsi presso un
Collega, ma indicando unicamente il proprio indirizzo di Posta Elettronica
Certificata ed il proprio indirizzo di studio in Roma, come potrebbe
l’ipotetico difensore dell’intimato notificare l’atto di citazione in
opposizione a decreto ingiuntivo ?
In linea teoria dovrebbe notificarlo alla PEC del Collega
romano ma qualora il Difensore di parte opponente non fosse abilitato alle
notificazioni in proprio, come potrebbe perfezionare la notificazione
dell’opposizione ?
Una risposta data dalla legge, almeno teoricamente c’è,
ossia, effettuare la notificazione via PEC avvalendosi del servizio UNEP ex
art. 17 D.M. 44/2011; solo che, come la maggior parte dei Colleghi già sa, i
nostri Ufficiali Giudiziari non sono ancora attrezzati per le notificazioni via
Posta Elettronica Certificata e non posso quindi dare seguito ad eventuali
istanze di questo tipo.
A questo punto, stante il disposto dell’art. 82 R.D. 37/34 e
vista l’impossibilità di provvedere alla notificazione via Posta Elettronica
Certificata, il nostro ipotetico Collega milanese potrebbe essere orientato ad
effettuare la notificazione in Cancelleria applicando pedissequamente
l'articolo de quo ma contravvenendo, di fatto, al principio di diritto espresso
dalla sentenza n° 10143/2012 delle SS.UU., che giudica superata, in presenza
dell’indicazione – ex artt. 125 e 366 c.p.c. – dell’indirizzo di PEC comunicato
al proprio Ordine degli Avvocati, la necessità di una domiciliazione fisica da
parte del Difensore.
Ad avviso di alcuni, anche
in ossequio alla prassi di alcuni Tribunali sul punto, il Difensore di parte
opponente dovrà invece attivarsi per provvedere ad una notificazione analogica
(cartacea) all'indirizzo romano – qualora indicato – dell’Avvocato che ha dato
avvio al procedimento monitorio, effettuando quindi una c.d. “notificazione
extra districtum”, altra parte della dottrina, invece, ritiene che ogni notificazione
effettuata ad indirizzo diverso da quello di posta elettronica certificata
sarebbe di fatto nulla!
Il tema rimane in ogni caso aperto ed auspico che tali problematiche vengano presto superate dall'avvio dei servizi di notificazione digitali da parte degli uffici UNEP.
Il tema rimane in ogni caso aperto ed auspico che tali problematiche vengano presto superate dall'avvio dei servizi di notificazione digitali da parte degli uffici UNEP.
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