Guida galattica per giuristi telematici…. le 5 regole d’oro per sopravvivere al PCT



Il 30 giugno è ormai alle porte e sono molti i Colleghi che cominciano a muovere i primi passi fra le insidie del processo civile telematico.
In ogni caso, parafrasando ancora una volta la Guida galattica per autostoppisti, “Don’t Panic” !
Orientarsi nel mondo dell’informatica non è certo semplice per chi non ha dimestichezza con il mondo dei computer e della tecnologia in generale, ma per cominciare con il piede giusto possono bastare 5 semplici  regole pratiche.

1)   Munirsi di uno scanner con ADF ed imparare ad usarlo.

Dando per scontato che chiunque di noi sappia che cos'è uno scanner, con l’avvento del PCT potrebbe non essere più sufficiente avere a disposizione un semplice scanner piano.
Posto, infatti, che il nostro fascicolo dovrà diventare interamente digitalizzato, non sarà più pensabile continuare ad utilizzare un macchinario che scannerizza una pagina per volta.
Primo punto da soddisfare per essere pronti all’arrivo del processo civile telematico, sarà quindi certamente l’acquisto di uno scanner con ADF.
L’ADF non è altro che un caricatore dall’alto che permette di inserire un intero documento (quindi formato anche da molti fogli) nel nostro strumento di acquisizione digitale, restituendo, alla fine, un unico file rft o pdf.
Visto che anche per il semplice procedimento monitorio sarà necessario allegare documenti a volte formati da diverse decine di pagine, appare assolutamente indispensabile munirsi di uno strumento come questo.

Certamente, però, non basterà acquistarlo per essere pronti ad affrontare senza timori la digitalizzazione del processo civile, posto che condizione indispensabile sarà anche quella di imparare ad usarlo in modo oculato.
Come sappiamo, infatti, la busta telematica da inviare alla cancelleria del Tribunale per effettuare il deposito degli atti, non potrà essere di dimensione superiore a 30 mb. Questa dimensione, per la verità piuttosto esigua, verrà certamente superata se l’Avvocato telematico scannerizzerà i propri documenti alla massima risoluzione e, magari, addirittura a colori.
Per cercare di risparmiare quanto più spazio possibile, sarà quindi assolutamente indispensabile imparare a gestire le impostazioni dello scanner settando la risoluzione a non più di 150 o 200 dpi e ricordandosi di scannerizzare (ove possibile) in bianco e nero.

2) Organizzare le cartelle del proprio computer

Abbiamo appena detto che il nostro fascicolo, un tempo unicamente cartaceo, a partire dal 30 giugno p.v. diventerà completamente virtuale.
Ciò significa che il numero di file digitali legati ad una singola pratica aumenterà considerevolmente. 
Se, per fare un esempio, un tempo il più classico recupero credito trovava posto sui nostri computer solo con il ricorso per decreto ingiuntivo, con l’avvento del processo civile telematico dovremo salvare sul nostro pc almeno:

a)      Ricorso per decreto ingiuntivo
b)      Scannerizzazione della procura alle liti autenticata
c)       Scannerizzazione della ricevuta di pagamento del contributo unificato (o delle marche da bollo)
d)      Scannerizzazione della messa in mora
e)      Scannerizzazione delle fatture
f)       Scannerizzazione dell’estratto autentico delle scritture contabili

Vista la chiara proliferazione dei file legati ad un singolo fascicolo, l’Avvocato telematico non potrà più (come invece molti Colleghi continuano imperterriti a fare) salvare i propri atti alla rinfusa nel computer, o semplicemente, dividerli in cartelle per tipologia di atto (es: ricorsi, atti di citazione, appelli etc….).
L’archiviazione dovrà invece seguire uno schema ad albero ramificato, e ad ogni fascicolo dovrà corrispondere (come minimo) un’unica cartella.
Lo struttura, ad esempio,  potrebbe seguire lo schema che segue:
                          



In questo modo ad ogni fascicolo corrisponderà una sola cartella e, all’interno della cartella, saranno presenti tutti i file relativi a quella pratica.

3)      Client di posta elettronica

Come ho sottolineato in un precedente articolo pubblicato su questo blog, la PEC (Posta Elettronica Certificata) è uno degli strumenti indispensabili per il processo civile telematico.
Non solo, infatti, costituisce – già ad oggi – il nostro domicilio informatico a cui vengono recapitati obbligatoriamente tutti i biglietti di cancelleria, ma diventerà il veicolo tramite il quale il nostro atto virtuale arriverà sulla scrivania del cancelliere.

In virtù del massiccio scambio di dati e del notevole numero di ricevute che verranno recapitate al nostro indirizzo PEC, sarà assolutamente indispensabile configurare il client di posta elettronica del nostro studio legale con la posta certificata.

Molti Colleghi hanno l’abitudine di leggere la PEC unicamente tramite applicativi web, limitandosi a controllarla sporadicamente oppure all’arrivo di un messaggio di avviso sulla propria casella mail ordinaria.

A mio avviso una prassi di questo tipo è assolutamente da evitare. 
L’utilizzo di un client di posta elettronica, infatti, ci consentirà non solo di automatizzare il download della posta (ad esempio settando l’invio e la ricezione di nuovi messaggi ogni 5 minuti) ma anche di salvare in locale tutte le ricevute dei nostri messaggi di posta certificata.

Ricordo a tutti che i gestore di PEC hanno l’obbligo di mantenere traccia delle operazioni (e delle ricevute) relative ad un determinato indirizzo per 30 mesi, scaduti i quali non è detto che vengano cancellate ma certamente non sussisterà più un obbligo di mantenimento in capo al gestore.
Proprio per tale ragione (soprattutto in virtù del fatto che la così detta RDAC della busta telematica attesta il deposito dell’atto) è consigliabile salvare una copia locale delle più importanti ricevute di PEC.
Il nostro client di posta farà questa operazione in automatico, salvando in locale tutti i messaggi inviati e ricevuti dal nostro indirizzo di posta elettronica certificata (consiglio in ogni caso di salvare le singole ricevute anche all'interno della cartella del fascicolo di riferimento).

Vi preciso che può andar bene qualunque client di posta elettronica, dai classici Windows live mail, Outlook express, Windows Mail e Outlook per Windows, a Mail per mac o a Thunderbird per chi – come il sottoscritto – è un accanito sostenitore del software open source.

4)      Avere cura di password e Pin

Con il progressivo aumento della tecnologia e di servizi fruibili attraverso internet, si sono moltiplicate a dismisura le password ed i pin che dobbiamo ricordare.
Comprendo bene che, proprio in virtù del grande numero di password assegnate ad ognuno di noi, molti Colleghi abbiano fatto ricorso a parole chiave piuttosto semplici, quali il nome di un parente o del proprio animale domestico, oppure al proprio codice fiscale.

Questo tipo di prassi, come anche quella di scrivere su foglietti ed agende le password da ricordare, sono assolutamente da evitare, soprattutto per il pin della firma digitale e per la password della PEC.

Per quanto riguarda il pin della firma digitale sarà assolutamente necessario fare uno sforzo di memoria per imparare la serie numerica. Se, infatti, i certificati di firma sono inutilizzabili in caso di furto del supporto (smart card o chiavetta usb), lo stesso non potrà dirsi qualora sulla confezione della chiavetta o sulla smart card abbiate appuntato il pin per non dimenticarlo.
Inutile esemplificare ciò che un malintenzionato potrebbe realizzare tramite uno strumento che consente di sottoscrivere documenti digitali a vostro nome !

Stessa cosa potrà dirsi per la password della PEC. 
A tal proposito ricordo a tutti che una password degna di questo nome dovrebbe avere – come minimo – le seguenti caratteristiche:

a)      Almeno otto caratteri
b)      Lettere maiuscole e minuscole
c)       Numeri
d)      Almeno un simbolo

      5) Salvare frequentemente i propri archivi virtuali

Come abbiamo visto ai punti 1 e 2 la quantità di dati che i nostri computer immagazzineranno a partire dal prossimo 30 giungo aumenterà a livello esponenziale.

Un processo di digitalizzazione degno di questo nome, però, non potrà prescindere da adeguati strumenti di archiviazione e conservazione dei dati.

Mi sembra quasi scontato sottolineare che, se l’hard disk del nostro pc o del nostro server di studio ci abbandonasse all’improvviso, potremmo dover dire addio ad interi fascicoli e a mesi se non anni di lavoro.

Onde scongiurare un rischio di questo tipo esistono sistemi di storage dati di diversa tipologia:

A)     Il più semplice è certamente il classico hard disk esterno, sul quale l’Avvocato – manualmente o in modo automatico se munito di software specifici – salverà una copia dei dati relativi al proprio studio legale. Questo sistema, certamente semplice ed intuitivo, presta però il fianco alla fragilità dei supporti di archiviazione che, come ogni altro prodotto elettronico, sono soggetti a guasti più o meno importanti.

B)    Allo stesso livello di sicurezza possiamo poi trovare il salvataggio di dati su supporto esterno “consumabile” (cassette zip, cd, dvd etc….) a cui possono essere mosse le medesime eccezione di cui al punto precedente, con l’aggiunta di una generale scarsa capacità dei supporti esterni se confrontata con quella garantita da un hard disk esterno.

C)     Ad un livello di sicurezza superiore si attestano i sistemi di archiviazione basati su server ad hard disk multipli. Cercando di spiegare in modo semplice il funzionamento di questi sistemi, basti dire che non solo altro che computer centrali che immagazzinano tutti i dati della nostra rete e che, invece di salvarli su un unico hard disk presente all’interno del server stesso, li aggiornano in “mirror” su almeno due supporti magnetici contemporaneamente, così da garantire – in caso di rottura – l’integrità dei dati su almeno uno dei due dischi. Spesso questi sistemi prevedono anche la possibilità di un salvataggio dati esterno di cui ai precedenti punti A) o B), in modo da scongiurare la possibilità di un crash totale del sistema e – quindi – di entrambi i dischi magnetici.

D)    Al maggior livello di sicurezza – almeno ad opinione di chi scrive – si attesta poi il c.d. “cloud”, ossia un servizio di archiviazione dati esterno che funziona attraverso il web. Questo sistema permette di caricare sui server dell’azienda che fornisce il servizio (solitamente server altamente tecnologici con sistemi di backup costanti e sistemi di sicurezza all’avanguardia) tutti i dati presenti sul nostro pc di studio, rendendoli – oltretutto – sempre accessibili da qualsiasi supporto connesso alla rete internet. Unica pecca di un sistema solido e indubbiamente comodo come questo è la possibile vulnerabilità dei dati ad attacchi hacker, rischio che – benché remoto – non è del tutto eliminabile. In virtù di questo tipo di pericolo latente è consigliabile utilizzare un servizio cloud che operi una crittografazione dei dati al momento dell'archiviazione; questo permetterà di evitare problematiche relative alla privacy ed alla diffusione di dati sensibili anche in caso di attacchi hacker.

A mio avviso, quindi, uno dei sistemi più duttili e funzionali è certamente rappresentato dal cloud che, oltretutto, ha dei costi di mantenimento esigui se non – in alcuni casi – addirittura nulli.
Molti colossi dell’informatica e della tecnologia, infatti, hanno immesso sul mercato i propri sistemi di cloud, garantendo la gratuità degli stessi fino ad un certo limite di gigabyte di spazio virtuale.

I sistemi più conosciuti sono certamente Skydrive, Googledrive, IcloudDropbox, SpiderOak; preciso che solo quest'ultimo supporta nativamente la crittografazione dei file al momento dell'upload.


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