Il deposito digitale dell’atto introduttivo del giudizio e di atti non previsti dal decreto autorizzativo DGSIA


Riallacciandomi ad un mio precedente articolo pubblicato su questo blog, vorrei approfondire – anche alla luce di una recente pronuncia del Tribunale di Foggia – il tema del deposito digitale dell’atto introduttivo e, più in generale, del deposito di atti non previsti dal decreto autorizzativo del DGSIA.
Come è noto, infatti, il D.M. 44/2011 non chiarisce quale tipologia di atto digitale sia possibile depositabile telematicamente poiché, essendo un provvedimento di carattere generale, si occupa unicamente del percorso e degli accorgimenti da seguire per effettuare il deposito.
L’unico limite posto dalla normativa testé richiamata è rappresentato dall’art. 35 D,M, 44/2011 che, al comma 1 sancisce:
“L'attivazione della trasmissione dei documenti informatici è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.”
Per poter correttamente perfezionare il deposito di un atto digitale in un determinato Tribunale, quindi, il Tribunale de quo dovrà aver ottenuto un provvedimento autorizzativo che gli consenta di ricevere l’atto in questione.
L’elenco dei decreti emessi dal DGSIA è consultabile attraverso l’apposita sezione del Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia.
Immaginandoci, però, di provvedere al deposito di un atto per il quale il Tribunale ricevente non ha ricevuto la relativa autorizzazione al deposito, quali saranno le possibili conseguenze?

Le problematiche sono molteplici come anche le opinioni di dottrina e giurisprudenza e debbono essere suddivise – a mio avviso – in due macro ordini di analisi:
1)      la ricezione dell’atto da parte della Cancelleria;
2)      l’efficacia dell’atto.

In ordine al primo punto oggetto di analisi, si deve sottolineare come le tesi comunemente sostenute in dottrina siano sostanzialmente 3:
a)      l’atto depositato dovrebbe essere rifiutato dal Cancelliere, il quale ha la facoltà – datagli dal sistema – di rifiutare una busta telematica;
b)      l’atto depositato non potrebbe essere oggetto di rifiuto da parte del Cancelliere, posto che il  deposito  è avvenuto in un momento precedente all’intervento dell’addetto amministrativo del Tribunale, come chiarito dall’art. 13 del D.M. 44/2011 e dall’art. 16 bis comma 7 DL n. 179/2012, che fa fissano al momento della generazione della ricevuta di accettazione (RDAC) l’ora ed il giorno dell’effettivo deposito;
c)      oltre che per le ragioni di cui alla precedente lettera b), il Cancelliere non potrebbe comunque procedere al rifiuto dell’atto poiché – tale potere di veto – sarebbe esercitabile esclusivamente qualora espressamente previsto dalla legge e quindi, ad oggi, nei soli casi previsti dall’art. 73 disp. att. al c.p.c. nonché dall’art. 14 provvedimento 16 aprile 2014 (nei casi di così detti errori “FATAL”, ossia di anomalie non gestibili che comportano la non elaborabilità della busta telematica).
A mio avviso sono condivisibili le tesi di cui ai punti b) e c) – come sottolineato anche dal Collega Juri Rudi in un suo articolo – con la diretta conseguenza che, nel caso oggetto di analisi, l’atto dovrebbe passare indenne il vaglio del Cancelliere, portando – nel caso dell’atto introduttivo del giudizio – alla creazione del fascicolo di ufficio ed all’assegnazione di un numero di Ruolo al procedimento.
Il nostro atto depositato senza la preventiva autorizzazione del DGSIA, quindi, potrebbe essere – a questo punto – oggetto di vaglio da parte del Magistrato titolare del procedimento.
Anche in ordine all’efficacia dell’atto de quo esistono diverse opinioni dottrinarie e giurisprudenziali che cercherò di riassumere in tre correnti principali:
1)      l’atto è affetto da nullità insanabile;
2)      l’atto deve considerarsi inefficacie o comunque inammissibile poiché depositato senza l’osservanza delle forme prescritte dalla normativa sul PCT e, comunque, poiché la Cancelleria del Tribunale di riferimento non ha il potere di accettare il deposito dell’atto de quo;
3)      l’atto deve considerarsi a tutti gli effetti valido, poiché idoneo a spiegare i propri effetti.

La tesi di cui al punto 1) è, a mio avviso, smentita dal chiaro disposto dell’art. 156 I comma c.p.c. “Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.
Non potremo, quindi, mai parlare di nullità qualora la stessa non sia comminata da una specifica norma di legge, norma che – in questo caso – è del tutto assente nel nostro ordinamento posto che l’art. 35 del D.M. 44/2011 si occupa, come detto in epigrafe, unicamente delle autorizzazioni al deposito dell’atto e non sancisce in alcun modo la nullità dello stesso qualora sia depositato in assenza di detta autorizzazione.
Il citato art. 156 c.p.c., però, al comma II stabilisce che la nullità “Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.”, carenza di requisiti formali di cui parla anche la recente decisione del Tribunale di Foggia (pur qualificandola come inammissibilità) facendo propendere per la giustezza della tesi di cui al punto 2.
L’atto de quo, quindi, sarebbe stato depositato non rispettando i requisiti formali richiesti e, comunque, da parte della Cancelleria di un Tribunale che – non avendo previamente ricevuto il placet tecnico dal DGSIA – non era comunque autorizzato ad attestare l’avvenuto deposito dell’atto stesso.
Detta ricostruzione (ad avviso di chi sostiene la tesi di cui al punto 3 – Reale, Rudi) sarebbe comunque smentita dal disposto dell’ultimo comma dell’art. 156 c.p.c.: “La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.”. Ad avviso di deta dottrina, infatti, lo scopo dell’atto, nel caso di specie, sarebbe comunque stato pienamente raggiunto, poiché il suo deposito – se conforme in toto ai requisiti richiesti dalla legge ma, semplicemente, depositato in forma diversa da quella cartacea – avrebbe già spiegato i propri effetti, portando – nel caso di atto introduttivo del giudizio – alla creazione di un fascicolo di ufficio, all’assegnazione di un numero di ruolo ed alla designazione di un Magistrato titolare della causa.
Oltre a ciò si sottolinea come anche la tesi della carenza di poteri da parte della Cancelleria del Tribunale, non sia in realtà sostenibile poiché il decreto autorizzativo del DGSIA non conferisce, in effetti, alcun nuovo potere al Cancelliere (che ha già di per sé tutte i poteri e le facoltà necessarie a svolgere il proprio ruolo) ma attesta, molto più semplicemente, che la Cancelleria è in grado – da un punto di vista strettamente tecnico – di ricevere ed elaborare la busta telematica. Ebbene, se la busta è giunta a destinazione, è stata correttamente scompattata ed ha portato alla creazione del fascicolo, la Cancelleria non è di fatto in possesso di tutti i requisiti tecnici che il decreto DGSIA avrebbe dovuto meramente verificare?!
Ad avviso di chi vi scrive, quindi, la tesi della piena validità dell’atto è assolutamente da condividersi, e ciò nonostante le prime pronunce giurisprudenziali propendano, invece, per la sua l’inammissibilità.





Commenti

  1. La decisione del Tribunale di Foggia viola il principio della conservazione degli atti, in particolare di quelli che hanno realizzato il loro scopo. Inoltre l'art. 11 del D.M. 44/2011 consente di trasmettere in via telematica la nota di iscrizione a ruolo. Ciò dimostra che la Cancelleria aveva ed ha gli strumenti per leggere tutti gli atti del PCT. ... Se si fosse trattato di penale, certamente il principio della conservazione degli atti sarebbe stato applicato. Questo, da un lato. Ma, guardiamo la cosa da un altro punto di vista. Mi sembra di capire dalla lettera del provvedimento che doveva trattarsi di ricorso. Qualora il Tribunale avesse operato nel senso che qui condividiamo, il difensore del resistente cosa avrebbe fatto? avrebbe eccepito nel senso in cui ha deciso il giudice? ... Perciò quest'ultimo, forse, ha deciso anche sulla scorta della conoscenza dei suoi polli.

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  2. Il Decreto DGSIA per il Tribunale di Foggia permette il deposito di seguito indicato:
    - Atti e documenti di parte: Comparsa di risposta, etc.....;
    - Procedimenti: Ingiunzioni, Contenzioso Civile, Lavoro e Volontaria giurisdizione.
    Non c'è scritto da nessuna parte che gli Atti elencati nel 1° punto si riferiscono ai Procedimenti riportati al 2° punto.
    Quindi a Foggia dal 15.1.2014 è possibile depositare per i Procedimenti elencati al 2° punto tutti gli atti dall'iscrizione alla sentenza.
    Se non fosse cosi, non sarebbe lecita neanche l'iscrizione del Decreto Ingiuntivo.

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    1. Il ricorso per decreto ingiuntivo può (ed oggi deve) essere depositato telematicamente in virtù del DL 179/2012. Ad ogni modo l'orientamento del Tribunale di Foggia è stato confermato anche da altre pronunce di merito ma, proprio nei giorni scorsi, il Tribunale di Vercelli ha invece accolto la ricostruzione sostenuta in questo articolo, ritenendo pienamente operativo l'ultimo comma dell'art. 156 cpcp

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